indietro15 gennaio 2013
RENZO BERGAMO, FIGLIO DELLA GALASSIA
di Claudio Cerritelli

In uno dei suoi appunti di poetica intorno al divenire astrale della luce,
Renzo Bergamo dichiara di essere idealmente partorito nel cosmo, di
sentirsi fi glio della galassia e della materia che si trasforma continuamente
nella sconfi nata energia dell’universo. La centralità di quest’affermazione
è il punto di riferimento per ogni lettura interpretativa della sua arte in
cammino verso le origini del pensiero creativo, in armonia con le infi nite
possibilità di rivelare – attraverso la pittura – il magico manifestarsi dei
colori, visioni luminescenti che si espandono liberamente e senza pausa.
Dipingere l’infi nito è sempre stata un’aspirazione degli artisti appagati
non più dal descrivere il mondo visibile, ma dal sentirsi partecipi di un
insieme dinamico di forme che produce altre visioni possibili, proiettate
all’interno di un’entità sconosciuta destinata a durare in eterno.
Lo sgomento creativo che nasce dallo sconfi namento e dalla vertigine
del vuoto spinge Renzo Bergamo a immaginare il ruolo dell’arte come
scoperta dell’ignoto e – soprattutto – come volontà di insegnare agli altri
l’amore della conoscenza, il desiderio di superare i limiti dello spaziotempo,
l’emozione dello spaesamento sostenuta dal “coraggio di osare”.
Il culto di quest’ardore guida l’avventura delle forme pittoriche in ogni
fase del lungo percorso creativo, nei sottili passaggi dal mondo fi gurato
all’astrazione indeterminata, attraverso la compresenza di fattori soggettivi
e di elementi strutturali che rivelano il grande ordine del cosmo.
Coltivando il dialogo tra i percorsi intuitivi del colore e i metodi di analisi
del sistema cosmogonico, l’artista è consapevole che tra arte e scienza
vi sono sintonie legate alla relazione interna degli elementi che costituiscono
i loro rispettivi campi conoscitivi. Altri punti di contatto possibili
appartengono a orientamenti basati su funzioni e intenzioni differenti;
per esempio, di fronte al concetto di enigma lo scienziato mira a risolvere
analiticamente questo inesplicabile nodo conoscitivo, mentre l’artista lo
esplora come un’immagine aperta che produce altri enigmi, quasi senza
voler defi nire il processo stabile e accertabile del suo svelarsi.
Rispetto a simili problematiche, la ricerca di Renzo Bergamo è sempre
protesa a trasfi gurare pittoricamente l’energia cinetica del mondo planetario,
l’accelerazione variabile delle particelle instabili, il ritmo incessante
della musicalità cromatica dell’universo o – per usare una felice metafora
scientifi ca – il fl usso totale della “danza cosmica”.
Attraverso vari cicli di ricerca, Renzo Bergamo indaga dal punto di vista
pittorico le interrelazioni, le persistenze e le disgregazioni cui è sottoposta
la materia nei gorghi dell’infi nito, e ciò anche a rischio di non poter
prevedere ciò che la pittura rivelerà in quei processi di trasmutazione
che fanno parte del suo processo creativo.
La materia è sempre elevata al massimo grado di emanazione del suo
splendore visibile, l’impulso luminoso è immerso nel pensiero dell’oltre, il
respiro cromatico proviene dai vapori galattici, il palpito dei segni segue le
intuizioni della fantasia dilatando i confi ni con diverse incursioni spaziali.
La fi gura d’artista che Renzo Bergamo ha in mente non è solo quella
di un ricercatore di invisibili equilibri del colore puro, tale da poterlo
inquadrare in una delle categorie stilistiche della pittura astratta del
secondo Novecento. Egli rappresenta piuttosto l’anima inquieta del
pittore che cerca connessioni tra mondi lontani, orizzonti terrestri ed
esplosioni stellari, emozioni interiori e pensieri cosmici, pensieri vitali
dell’essere che collegano passato e futuro nel divenire infi nito del presente.
Quest’ambizione creativa diventa fi ltro di visioni che sfuggono ai
dogmi dell’arte analitica e concettuale per assecondare la complessità
del dipingere, non riconducibile a parametri percettivi preordinati. Del
resto, Renzo Bergamo vive l’operazione pittorica dall’interno, crea stati
di osmosi con i dinamismi psico-fi sici del colore, assimila le insorgenze
della luce che si manifestano in tutte le direzioni, ben sapendo che
l’immaginazione non ha percorsi stabiliti ma agisce in una rete inestricabile
di relazioni da cui prende slancio ogni impulso cromatico. Il
raggio d’azione dell’artista coinvolge la sfera estetica ed etica del fare
pittura come rifl essione sulle implicazioni fi siologiche e psicologiche del
colore, in relazione all’origine del caos, fondamento di ogni immagine
istantanea fi ssata nelle opere.
In tal senso, Renzo Bergamo considera la disciplina dell’arte come non
dissimile dalle scienze sperimentali, riconoscendo analogie sorprendenti
tra le forme inventate dalla pittura e quelle visibili nei fenomeni della
natura cosmica. La leggerezza evanescente dei pigmenti e la vibrazione
plastica delle forme indicano una qualità esecutiva che rende impalpabili i
sottili affi oramenti di simboli geometrici, i segni indecifrabili dell’invisibile,
le cangianti apparizioni della luce, le curve oblique e le linee spezzate,
le onde sonore e i timbri musicali, caratteri persistenti che generano
armonia, anche quando la scomposizione dello spazio sembra turbare
lo splendore del tutto.
Le fonti della letteratura, i nutrimenti della musica, i riferimenti alla fi losofi
a antica e contemporanea si congiungono nella complessa cultura
di Renzo Bergamo alla conoscenza delle recenti teorie sui processi
dinamici irreversibili, delineando un campo di interessi che guidano la
sua immaginazione cosmologica. Ogni stimolo conoscitivo è sempre
ricondotto al cuore pulsante della pittura, legittimato dall’esigenza di
tramutare l’ispirazione scientifi ca in evento cromatico, le fl uttuazioni del
pensiero teorico in viva e palpitante fi sicità del colore. Questo avviene
quando l’artista s’interessa alla teoria del caos e dei buchi neri, quando
usa il pi greco come simbolo del mistero, oppure quando – a distanza
di anni – gli studiosi riconoscono in alcune fotografi e della NASA sorprendenti
legami con i nuclei cosmici della sua prima pittura. Queste
coincidenze tra visioni cromatiche e icone scientifi che non vanno intese
in senso strettamente comparativo ma solo come riconoscimento del
fatto che arte e scienza fanno parte di un tutto avvolgente, di un’anima
comune che non richiede antagonismi e contrapposizioni. Di questa
necessaria relazione con lo spirito scientifi co del proprio tempo Renzo
Bergamo è dunque costante assertore, sia quando raffi gura bagliori
istantanei di comete, sia quando accarezza la materia con effetti nebulosi,
vapori indistinti, improvvise accensioni cromatiche che bruciano i
contorni delle forme.
Egli usa gli strumenti adatti a cogliere le trasformazioni materiali e concettuali
della realtà contemporanea, congiunge sensibilità intellettuale
e rigore morale, forza espressiva e perizia tecnica, capacità dialettiche
che nel corso del tempo gli permettono di raggiungere un’originalità
stilistica attraverso inconfondibili invenzioni spaziali.
La rivoluzione immaginativa operata dagli artisti del movimento spazialista
è una costante sollecitazione per i pittori che – come Renzo Bergamo -
aspirano a sconfi nati dinamismi, processi fi gurali che spostano il pensiero
oltre l’orizzonte, verso universi in espansione tra di loro.
È fatale che nella pittura del Novecento ogni rivoluzione dello sguardo
e ogni ridefi nizione dello spazio-tempo debbano fare i conti con i fondamenti
del dinamismo futurista, con il progetto di ricostruzione totale
dell’iconosfera sensoriale. Non a caso, per rendere le compenetrazioni
tra oggetto e ambiente non v’è migliore strategia che quella teorizzata
e praticata dalla pittura e scultura futurista, dai segni plastico-cromatici
trascinati da vortici inarrestabili, linee-forza fl uttuanti e magnetiche
traiettorie spaziali.
Con analoghe risultati dinamico-formali si sviluppano le ipotesi degli
artisti impegnati nella seconda metà del secolo in questa straordinaria
sfi da alla staticità della rappresentazione. Il riferimento va soprattutto a
quei casi in cui forte è l’ansia di perseguire – come si legge nel IV manifesto
dello Spazialismo (1951) – “quella visione della materia universale
di cui scienza, fi losofi a, arte in sede di conoscenza e di intuizione hanno
nutrito lo spirito dell’uomo”.
A questi principi si collega direttamente l’arte di Renzo Bergamo nel
momento in cui, intorno ai primi anni Sessanta, inizia a misurarsi con
la possibilità del segno e del colore di tradurre i dinamismi dello spazio
totale attraverso ritmi intermittenti, sonorità espanse, mutevolezze
luminose che dalla percezione della profondità terrestre svettano verso
smisurate avventure cosmiche, con il pensiero rivolto oltre i confi ni del
visibile, al di là delle certezze delle confi gurazioni esistenti.
Del resto, la defi nizione di “astrattismo cosmico” che accompagna i
molteplici esperimenti segnici e cromatici dell’artista veneto trae origine
dalla convinzione che un’arte all’altezza del proprio tempo deve saper
dialogare con la scienza, trasformando nella specifi cità delle fantasie
visive quelle che sono le intuizioni del pensiero analitico.
Per Renzo Bergamo ciò non significa adattamento o accettazione di un
rapporto passivo con le infl uenze scientifi che, bensì capacità di sviluppare
in senso estetico visioni analoghe e coincidenti, ponendo sempre
il linguaggio grafi co-pittorico al centro del metodo immaginativo.
L’assunzione delle grammatiche dell’astrattismo è funzionale al trattamento
della forma come campo di scosse percettive in divenire, indagine
intorno alle forze genetiche dello spazio, interrogazione continua dei
processi di frantumazione dell’unità armonica.
Attraverso differenti fasi di ricerca, dal fi gurale all’astratto e dall’astratto
al fi gurale, l’artista esprime una tensione immaginativa che raggiunge gli
esiti più originali soprattutto quando restituisce allo sguardo del lettore
le fi bre invisibili della materia, gli intrichi di linee sfuggenti, le velocità
istantanee del pensiero intuitivo, i pulviscoli e i bagliori della luce interiore
che galleggia nel vuoto cosmico.
Dal minimo dettaglio alla dilatazione dei nuclei fi gurali, si avverte una
costante allusione all’immagine del caos come genesi di tutte le forme
possibili, attiva persistenza del pensiero che sviluppa un alfabeto mutevole
di segni e una gamma cromatica che emoziona lo sguardo, lo coinvolge
con la sua fi sicità fi n dentro le stratifi cazioni della materia dipinta.
I segni sono sottili, ambigui, slittanti, suggeriscono direzioni contrapposte,
stati confl ittuali ed equilibri instabili, talvolta sembrano antenne
che captano energie misteriose, in altri casi comunicano il senso di
disgregazione oppure la perdita di gravità delle forme.
I colori sono intensi e concentrati sull’energia della luce, offrono la
sensazione di muoversi all’interno di galassie in formazione, in bilico tra
fusioni di segni e colori senza destinazione conosciuta, quasi sognando
cosmologie arcaiche dove sciami di atomi senza tregua congiungono
una particella di materia alle altre.
Con questa sensibilità quasi medianica e talvolta perfi no radioattiva,
l’artista costruisce un viaggio irripetibile nel paesaggio mitico dell’altrove,
a diretto contatto con le atmosfere violacee e nebulose del cosmo, con
le vibrazioni solari del giallo e le incandescenze emotive del rosso, tra
sospensioni magiche del bianco e risonanze imponderabili del blu, fi no a
sprofondare nella memoria del passato o nella prefi gurazione del futuro.
In modo appassionato e originale, la pittura visionaria e poeticamente
scientifi ca di Bergamo sa far vibrare le corde misteriose dell’immaginazione
come un campo di percorsi illimitati che egli segue con naturalezza,
opera dopo opera, come un sogno cosmico “in attesa di partire”.