Renzo Bergamo L’uomo e l’artista

Ho conosciuto Renzo Bergamo negli anni settanta, quando vivevo i fenomeni artistici nella loro multidisciplinarietà, pur essendo il teatro la mia prima vocazione che ritenevo non letteratura, ma lingua scenica, ovvero luogo dello spazio creativo e fantasmatico. Ero e sono convinto che non può esserci il linguaggio del testo se questo non diventa spazio della scena, ovvero linguaggio autonomo e specialistico. Con Renzo, prima di parlare di pittura, parlai di spazio e lui si mostrò d’accordo perché, diceva, la pittura non è altro che scomposizione dello spazio, un po’ come il teatro. In quegli anni ero appassionato di Palazzeschi, leggevo e rileggevo Perelà uomo di fumo; erano gli anni della rivoluzione sessantottesca, della fantasia al potere; Perelà mi spronava verso questi sogni poiché anch’io desideravo la fantasia al potere. Quando vidi, per la prima volta, Renzo e lo sentii parlare, quando osservai la sua gestualità affabulatoria, tipica di certi veneti, credetti di trovarmi dinanzi ad un Perelà, non uomo di fumo, ma uomo d’aria Renzo quando parlava, quando dipingeva possedeva qualcosa di leggero, di delicato, di tenero, ciò non vuol dire che non fosse scrupoloso, sia quando discorreva di arte che di teatro, di filosofia, di scienza. Nella sua biblioteca si trovava un po’ di tutto; ma non mancavano libri di filosofi e di scienziati come Shopenhauer, Ilya Prigogin o Einstein, di cui aveva una vera e propria venerazione. Negli anni della nostra conoscenza, mi raccontava dei suoi incontri con Comisso, del loro fitto epistolario, ma anche degli incontri con Strehler. Egli leggeva, in anteprima, i romanzi di Comisso e vedeva, in anteprima, le prove del Maestro del Piccolo Teatro. I suoi interessi, pur rimanendo fisso l’amore per il disegno e la pittura, spaziavano, con una certa ingordigia, perché Renzo mostrava un’insaziabile brama di conoscere altre forme della comunicazione artistica che lui vedeva sempre in una prospettiva figurativa. Negli anni settanta, lo invitai ad una serie di incontri con altri artisti milanesi che, come lui avevano frequentato Fontana, Dova, Crippa. Osservando i loro quadri, c’era qualcosa che andava oltre lo spazialismo e così inventammo il movimento dell’Astrarte, ovvero di un’arte che si confrontasse col cosmo ed, insieme a loro, stesi una serie di manifesti che raccolsi nel volume: “Futurismo-Spazialismo-Astrarte”, che evidenziavano gli interessi del movimento, tesi alla ricerca di una nuova cosmologia, di un diverso rapporto con i corpi celesti, con l’energia cosmica, con la quale doveva confrontarsi l’energia delle emozioni e del pensiero. Ciò che maggiormente interessava a Renzo Bergamo, che aderì al movimento, con la forza della sua indipendenza, era il caos geofisico, l’ansia di far convivere pittura e scienza. Erano gli anni durante i quali Renzo Bergamo componeva, nelle sue tele, i concetti astrali, gli spazi in movimento, che considerava il risultato di certe esperienze artistiche che risalivano agli anni sessanta quando, andò in America, aveva fatto già conoscere un tipo di pittura cosmica, percorsa da brividi dinamici che coniugavano i ritrovamenti dell’estetica nucleare con la poetica del M.A.C. Avvertii nella pittura di Renzo, una componente intellettuale sempre più di ispirazione scientifica; i globi, le curve, il movimento delle forme, lo stesso concetto di dinamismo erano orientati verso una rappresentazione che partisse dal microcosmo per pervenire al macrocosmo, ovvero ad una personale idea dell’Astro e del Cosmo. Tutto questo Renzo lo realizzava con il linguaggio dell’arte, con quella che considero la sua più grande qualità, la ricerca di una sintesi armonica, perché la pittura di Bergamo è essenzialmente armonica e musicale. I suoi corpi celesti, le sue scomposizioni, le sue linee-forza, la sua energia spaziale, il suo pensiero non sono altro che il risultato delle sue intuizioni fantastiche. Chi osserva i suoi quadri non può non ricordare Le Cosmicomiche, Le città invisibili, Ti con zero, di Italo Calvino, tre romanzi che sperimentavano un incontro diverso tra l’uomo ed il cosmo e che ponevano le basi di un rapporto più intenso tra creatività e scienza. Epistemologicamente parlando, Bergamo ricercava nella scienza, l’anima e nell’universo gli stimoli, non intellettuali, ma artistici; non credeva che le teorie potessero facilitare la ricerca figurativa. Al tempo della stesura dei Manifesti dell’ Astrarte, non nascose certi atteggiamenti di diffidenza. Mi diceva, io sono appassionato di fisica che è scienza degli atomi, ma devi convenire che esistono anche criteri ontologici per addentrarci in quelli che sono i problemi di filosofia della scienza, e non certo problemi che appartengono al linguaggio figurativo, la cui disciplina è pluralista, benché deleghi alla fantasia le sue domande e le sue risposte. Renzo non uomo di fumo, ma vero d’uomo d’aria, la cui leggerezza era proprio come la sua pittura.

2007

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Sulla pittura di Renzo Bergamo

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Renzo Bergamo pittore Europeo