Visioni del cosmo in forma pittorica

La rivoluzione immaginativa operata dai pittori del movimento spazialista è alla base della concezione creativa di Renzo Bergamo e costituisce la costante sollecitazione della sua ricerca, l’aspirazione ininterrotta a fissare uno spazio di sconfinati dinamismi, attraverso un processo pittorico che sposta sempre l’orizzonte verso l’infinito. E’ fatale che nella pittura del ‘900 ogni proposta di rinnovamento percettivo dello spazio debba fare i conti con i fondamenti del dinamismo futurista, infatti per rendere le compenetrazioni tra oggetto e ambiente non v’è migliore strategia che quella dei segni trascinati da vortici inarrestabili, da colori fluttuanti che somigliano a cangiante luminescenti, da movimenti meccanici che si sovrappongono sospinti da flussi magnetici.
Con analoghe risultanze plastico-pittoriche si sviluppano le ipotesi degli artisti impegnati in questa sfida, soprattutto nei casi in cui forte è l’ansia di perseguire – come si legge nel IV manifesto dello Spazialismo (1951) “quella visione della materia universale di cui scienza, filosofia, arte in sede di conoscenza e di intuizione hanno nutrito lo spirito dell’uomo”. A questi principi si collega direttamente l’arte di Renzo Bergamo nel momento in cui, verso i primi anni Sessanta, inizia a misurarsi con le possibilità del segno e del colore di tradurre i dinamismi dello spazio totale attraverso ritmi intermittenti, sonorità espanse, mutevolezze luminose che dalla percezione della profondità terrestre svettano verso smisurate avventure cosmiche, con il pensiero rivolto oltre i confini del visibile, al di là delle certezze della rappresentazione. Del resto, la definizione di “astrattismo cosmico” che accompagna i molteplici esperimenti segnici e cromatici dell’artista trae origine dalla convinzione che un’arte all’altezza del proprio tempo deve saper dialogare con la scienza trasformando nella specificità delle fantasie visive quelle che sono le intuizioni del pensiero analitico. Per Renzo Bergamo ciò non significa adattamento o accettazione di un rapporto passivo con le influenze scientifiche ma capacità di sviluppare in senso estetico visioni analoghe e coincidenti, ponendo sempre il linguaggio grafico-pittorico al centro del metodo immaginativo. L’assunzione delle grammatiche dell’astrattismo è funzionale al trattamento della forma come campo di scosse percettive in divenire, indagine intorno alle forze genetiche dello spazio, interrogazione continua dei processi di frantumazione dell’unità armonica. Attraverso differenti fasi di ricerca che vanno dal figurale all’astratto e dall’astratto al figurale, l’artista esprime una forte tensione immaginativa che raggiunge gli esiti più originali soprattutto quando restituisce allo sguardo del lettore le fibre invisibili della materia, gli intrichi di linee sfuggenti, le velocità istantanee del pensiero intuitivo, i pulviscoli e i bagliori della luce interiore che galleggia nel vuoto cosmico. Dal minimo dettaglio alla dilatazione dei nuclei figurali si avverte una costante allusione all’immagine del caos come genesi di tutte le forme possibili, attiva persistenza del pensiero che sviluppa un alfabeto mutevole di segni e una gamma cromatica che emoziona lo sguardo, lo coinvolge con la sua fisicità fin dentro le stratificazioni della materia dipinta. I segni sono sottili, ambigui, slittanti, suggeriscono direzioni contrapposte, stati conflittuali ed equilibri instabili, talvolta sembrano antenne che captano energie misteriose, in altri casi comunicano il senso di disgregazione oppure la perdita di gravità delle forme. I colori sono intensi e concentrati sull’energia della luce, essi offrono la sensazione di muoversi all’interno di galassie in formazione, in bilico tra fusioni di segni e colori senza destinazione conosciuta, quasi sognando cosmologie arcaiche dove sciami di atomi senza tregua congiungono una particella di materia alle altre. Con questa sensibilità quasi medianica e talvolta perfino radioattiva l’artista costruisce un viaggio irripetibile nel paesaggio mitico dell’altrove, a diretto contatto con le atmosfere violacee e nebulose del cosmo, con le vibrazioni solari del giallo e le incandescenze emotive del rosso, tra sospensioni magiche del bianco e risonanze imponderabili del blu, fino a sprofondare nella memoria del passato o nella prefigurazione del futuro. In modo appassionato e originale, la pittura visionaria e poeticamente scientifica di Bergamo sa fa vibrare le corde misteriose dell’immaginazione come un campo di percorsi illimitati che egli segue con naturalezza, opera dopo opera, come un sogno cosmico “in attesa di partire”.

2010

Claudio Cerritelli

Cattedra di Storia dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano

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